Da un anno a questa parte possiamo dire con fierezza di essere un ristorante al 100% vegetale. Per non utilizzare la bistrattata etichetta di “vegana” ci piace definire la nostra cucina come “vegetale consapevole”. Con ciò intendiamo, tra l’altro, proporre cibi in cui si rispetta la stagionalità e di cui si conosce la storia delle persone che “ci sono dietro” (e noi siamo solo la parte finale del percorso).
Con questo spirito puntiamo a una proposta gastronomica al tavolo composta completamente da materie prime prodotte e cucinate da noi, cioè senza l’uso di semilavorati. Quando diciamo “noi” intendiamo anche una rete di persone non necessariamente dotate del “bollino bio” ma che coltivano utilizzando metodi naturali e facendo del loro meglio, in relazione al contesto territoriale in cui operano, per rispettare l’ambiente al di là delle etichette “burocratiche”.
Questo vale anche per la nostra produzione di “formaggi non formaggi” fatti di anacardi o, come stiamo sperimentando, di mandorle. Al proposito saremmo onorati di collaborare con la Cooperativa Agricola Valdibella con sede a Camporeale (Palermo). Stimiamo e amiamo molto il loro operato sia in campo agricolo ed ecosostenibile che per i loro progetti sociali quali “Addio pizzo”: un connubio Piemonte-Sicilia che speriamo di realizzare presto.
Ci stiamo pure dedicando ai cosiddetti “fermentati vegetali”, in salamoia o sotto sale. Pensiamo infatti che da un’ottima materia prima si ottenga un ottimo prodotto. E qui ci avviciniamo al crudismo (che rappresenta una cucina viva, curativa ed energetica) ma che, considerato il clima, dalle nostre parti riteniamo non sia del tutto praticabile.
Purtroppo il Covid ci ha costretti a utilizzare nuovamente la plastica per poter consegnare i pasti a casa. È vero che esiste la “plastica bio” ma in un periodo in cui la sopravvivenza economica è stata l’obiettivo principale, non ci siamo potuti permettere di sostenerne il costo, non trovando corretto ribaltarlo ai clienti. La pandemia ha bloccato anche le iniziative di vario genere che stavamo sviluppando con aziende locali finalizzate al coinvolgimento dei potenziali clienti in un’ottica di istruzione, formazione, creazione di una rete di contatti e aiuti. Pensiamo che il modo migliore per capire le cose sia farne esperienza diretta, toccare con mano.
Ma ora stiamo uscendo da questa situazione dunque possiamo riprendere quelle buone e utili pratiche. Siamo pronti anche a organizzare corsi di cucina vegetale ai ristoratori, oltre che partecipare ad altri analoghi come discenti.
Infine ci piacerebbe verificare con i proprietari dei nostri locali di attivare un impianto fotovoltaico per la produzione di energia pulita.
Vogliamo migliorare la nostra cucina che per definizione è dinamica e per questo continuiamo a studiare per offrire piatti sempre più genuini, vari e sani.
Ci piacerebbe riuscire ad avere il nostro ristorante in una struttura in aperta campagna. Immaginiamo un luogo in cui si mangia ma ci si occupa anche della parte spirituale, in cui si possono organizzare presentazioni, spettacoli, incontri. Uno spazio in cui il singolo si mette a disposizione, per quanto sa fare ma soprattutto per ciò che può fare, della comunità perché come recita un proverbio africano, quando le ragnatele si uniscono, possono stringere un leone.